Dossier cremazione - 2 La normativa - Le leggi vigenti

Pubblicato: 03/12/2015 15:45:33
Categorie: Ricerche e Studi Di Settore

Successive modifiche alle leggi vigenti dal 1966 e l’introduzione di nuove norme ha portato a delinearsi una più precisa normazione per quanto riguarda il campo dei rifiuti speciali. In particolare, parlando di impianti di incenerimento, la legge lascia ampia libertà ai progettuale ai costruttori ma stabilisce alcuni parametri ben precisi. In particolare, fatte salve prescrizioni più restrittive stabilite dalla Regione in fase di approvazione del progetto, ciascuna linea degli impianti destinati all’incenerimento di rifiuti deve essere dotata di una camera secondaria di combustione, denominata camera di post combustione, che deve rispettare i seguenti parametri operativi:

1)    tenore di ossigeno libero nei fumi umidi (misurato all’uscita della camera) 6%;

2)    velocità media dei gas (misurata nella sezione di ingresso della camera) 10 m/sec;

3)    tempo di contatto 2 sec.;

4)    temperatura dei fumi > 950° C. (>1.200°C se il contenuto di cloro organico nei rifiuti è superiore al 2%);

Inoltre dovrà essere garantito un rendimento di combustione - inteso come CO2: (CO2 + CO) – superiore al 99,9%.

In tutti gli impianti di incenerimento dei rifiuti, infine, deve essere adottato, per i fumi in uscita dal post-combustore, un sistema di rilevazione continua e di registrazione della temperatura e della concentrazione di ossigeno libero. Per quanto riguarda le emissioni in atmosfera, il d.p.r. 915/82 non interviene direttamente con specifiche prescrizioni, ma demanda alle competenti Regioni la determinazione dei valori limite ammissibili per le varie sostanze inquinanti. Non esistendo ancora una norma “ambientale” specifica che disciplini l’installazione e il funzionamento dei forni crematori, con la prudenza e la delicatezza che l’argomento richiede, è che tali impianti siano compresi tra gli inceneritori dei rifiuti speciali, almeno per l’aspetto legato ai parametri operativi e funzionali che tali impianti sono obbligati a rispettare. Uno dei problemi più delicati riguardanti l’abbattimento dei fumi, come previsto dalle norme, può essere in gran parte risolto da una modifica molto attesa sull’uso più razionale dello zinco nel trasporto delle salme. Il criterio di assimilabilità sembra essere recepito con chiarezza dal recentissimo decreto attuativo del 13 giugno 1989 del Ministero dell’Ambiente ove all’allegato 2 smaltisce i rifiuti di categoria 6 in forno crematorio o inumazione e rifiuti di categoria 7 in inceneritore. Restano peraltro da rispettare le norme igeniche sanitarie. L’esecuzione materiale dell’operazione inceneritoria di un cadavere non è agevole ma neppure particolarmente difficile. La ricchezza del contenuto in acqua, la diversità di composizione (ossa e tessuti molli), la differente dimensione dei cadaveri (costituzione, età, sesso, contenuti adiposi), rendono la cosa relativamente complessa e tale complessità aumenta ove si consideri l’aggiunta del feretro. L’abbandono ormai secolare della pira primitiva e l’adozione di appositi forni e “apparecchi” come si diceva con una certa suggestione nel secolo scorso, aveva subito posto in luce che per l’ottenimento di una buona cremazione si doveva necessariamente passare per la razionalizzazione scientifica del problema. Operati con diligenza studi lunghissimi ed esperimenti di vario genere, si venne a stabilire che la temperatura ottimale d’esercizio per un impianto crematorio doveva essere compresa tra i 700° ed i 900°. Solo in questa fascia di valori termici infatti si ottiene il miglior risultato (circa 2-3 di ceneri bianche e ben mineralizzate per cadavere di uomo afulto del peso medio di 70 kg) con il tempo più breve possibile (da 90 minuti a 2 ore circa). Poiché la razionalizzazione del problema coincise con l’ideale della massima igiene delle sepolture (Che era proprio lo scopo che si voleva conseguire) non si tralasciarono fin dall’inizio le analisi dei prodotti della combustione e lo studio dei combustibili migliori.

In altre parole la cremazione trovò il suo spazio nella società ed ebbe i suoi scienziati e ricercatori perché la si vide subito come un’operazione estremamente “ecologica”. Ora, pur restando validi i principi messi a punto oltre cento anni fa e pur riconoscendosi ancora attuali i parametri da valutarsi per l’emissione dei fumi, la scienza moderna ha potuto migliorare ancora le osservazioni e la tecnica da mettere a punto per impianti crematori ove realmente i prodotti della combustione siano privi di nocività ambientale o di sgradevoli odori.

 

Tralasciando la prima legge che in Italia genericamente introduceva il discorso cremazionista autorizzando, in caso di necessità, la “distruzione” del cadavere, anche previa esumazione (R.D. n°2120 del 6 settembre 1874, art. 67), le prime disposizioni organiche si trovano nella mai troppo celebrata Legge Crispi del 1888 sull’ordinamento dell’amministrazione e dell’assistenza sanitaria del Regno, dove all’art. 59 era precisato che “la cremazione dei cadaveri dev’essere effettuata in crematori approvati dal medico provinciale”. Continua poi esprimendo il concetto che “i comuni dovranno concedere gratuitamente l’area necessaria nei cimiteri per la costruzione dei crematori” rafforzando così due principi:

1)    l’area doveva essere concessa gratuitamente;

2)    l’installazione doveva avvenire solo all’interno dei cimiteri.

Il regolamento della Polizia Mortuaria emanato con R.D. l’11 gennaio 1891 n°42 precisava:

            Nessun ara crematoria può essere aperta fuori dal recinto del cimitero comunale.

Art. 6:

L’uso dell’area crematoria deve essere soggetto alla vigilanza dell’autorità municipale ed ogni cremazione di salma deve essere diretta da un incaricato dell’ente che abbia assunto l’esercizio privato dell’area stessa o da un incaricato del municipio se l’esercizio è comunale.

Tutto questo pone, fuori da ogni dubbio, la costruzione dei crematori in appositi siti, i cimiteri per l’appunto, che diano garanzia d’igiene operativa e demanda specificatamente la responsabilità dell’operazione ad un incaricato dell’ente o addirittura ad un incaricato comunale. In altre parole la cremazione dev’essere “controllata e garantita” sul piano igienico e propriamente esecutivo. Col fascismo arrivano una serie di norme specifiche che trasformano la cremazione in una operazione da definirsi “professionale” ai fini di “igiene pubblica”.

 

Il regolamento della Polizia Mortuaria del 1975 (D.P.R. del 21 ottobre 1975, n° 803) sarà ancora più organico nelle sue prescrizioni:

Art. 79:

La costruzione di un crematorio è sottoposta ad autorizzazione del Prefetto, sentito l’ufficiale sanitario. Il progetto del crematorio dev’essere corredato da una relazione dell’ufficiale sanitario, nella quale vengono illustrate le caratteristiche ambientali del sito e le caratteristiche tecnico-sanitarie dell’impianto e dei sistemi di abbattimento dei fumi e delle esalazioni. Il forno dev’essere costruito in modo da poter soddisfare alla disposizione dell’art. 81. I crematori devono essre costruiti entro i recinti dei cimiteri e l’uso di essi è soggetto alla vigilanza del sindaco e dell’ufficiale sanitario”.

Art. 81:

La cremazione deve essere eseguita da personale appositamente autorizzato dall’autorità comunale, ponendo nel crematorio l’intero feretro”.

All’epoca l’ufficiale sanitario era ancora il “caposaldo locale” per il controllo di tutte le molteplici esigenze igieniche ma dopo l’avvento del Servizio sanitario nazionale questa figura “centrale”, fondamentale ed unitaria, punto di riferimento preciso, è scomparsa accreditando le funzioni svolte da tal pubblico ufficiale direttamente alle unità territoriali (USL) che crearono appositi uffici igiene. E sempre nello stesso regolamento che viene risolta definitivamente la questione del feretro imponendo l’obbligo di introdurre il cadavere nel forno con “l’intero feretro”. Questo per “evitare qualsiasi manipolazione del cadavere che potrebbe risultare antigienica oltre che costituire eventualmente occasione di spettacolo macabro per i convenuti”.

La relazione in oggetto è allo stato dell'arte del 1985

Per leggere la relazione completa clicca qui:

Relazione Impianti di Cremazione

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Visualizza tutti i commenti (1)

Vincenzo


10/08/2016 17:07:51

Salve, vorrei sapere il numero massimo di salme che una struttura con forno crematorio può ricevere. Questo perché si verificano casi di un accumulo di salme che non riescono a trovare posto nelle poche celle frigorifere di tali strutture (pare che ogni struttura abbia circa quattro celle frigorifere); accade perciò che vengano accantonate alla buona e soprattutto con il caldo estivo, creino problemi sanitari con emanazione di cattivo odore.

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