Il settore funerario negli Usa: un colloquio con la Nfda

Pubblicato: 23/09/2015 17:38:34
Categorie: Normativa

Il convegno per il 50esimo anniversario di Feniof al Carlton di Bologna è stata anche una grande occasione per confrontarsi con i molti ospiti internazionali, addetti del settore funerario, che hanno partecipato alla manifestazione. E le differenze tra il nostro modello e quello d’Oltreoceano, soprattutto nel rapporto cliente-impresa funebre, non tardano a venire a galla.

Ne abbiamo parlato con Dogget Whitaker, rappresentante per gli Stati Uniti della FIAT-IFTA (L'Organizzazione Mondiale degli operatori funebri), intervistato all'International Funeral Industry Convention di Bologna. «Nel nostro lavoro, contrariamente a quanto la maggior parte della gente pensa, abbiamo a che fare più con i vivi che con i morti».;

«Il nostro è un lavoro psicologico, richiede un impegno e un atteggiamento professionale ma non distaccato», aggiunge Christine Pepper, direttore esecutivo di NFDA, National Funeral Directors Association (Wisconsin), di cui Mr Whitaker è stato Presidente fino a poco tempo fa.   

La Vicepresidente Anna Bernfeld, invece, resta colpita nel capire che le strutture pubbliche italiane (camera mortuaria, obitorio) destinate all'attesa del defunto prima del rito funebre seguano spesso orari e regole imposti dalle autorità, come qualsiasi altra attività pubblica o commerciale. «Il Governo americano non tratta il nostro lavoro come uno qualunque. Le Case Funerarie e le camere mortuarie, gestite e amministrate direttamente da noi, hanno i permessi per rimanere aperti anche nel week-end e soprattutto fuori orario. Non potrei mai immaginare di dover affiggere un cartello con orari dal Lunedì al Venerdì, dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18 come mi è capitato di vedere qui in Italia», rivela la Bernfeld, che conclude: «Il nostro mestiere è complicato e di grande supporto emotivo: chiunque non lo veda così commette un grande errore di umanità». 

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